AI
L’intelligenza artificiale come nuova arma dei CEO

AI lavoro: uno strumento di pressione psicologica
L’intelligenza artificiale è diventata la parola d’ordine nei corridoi del potere aziendale. Sebbene nella realtà attuale non rappresenti una minaccia concreta per la maggior parte dei posti di lavoro, i CEO stanno sfruttando l’AI lavoro come leva per diffondere incertezza. Non servono robot per licenziare: basta il timore che un chatbot possa sostituire un impiegato. Amazon, per esempio, ha già annunciato che l’adozione dell’AI “ridurrà il nostro organico aziendale complessivo”, mentre dirigenti di JPMorgan prevedono un taglio del 10% del personale grazie all’automazione.
Il ricatto dell’efficienza e la paura del licenziamento
Dirigenti come Tobi Lutke, CEO di Shopify, spingono i manager a giustificare ogni nuova assunzione umana spiegando perché un’AI non possa fare lo stesso lavoro. Questo clima genera stress e precarietà. Secondo un recente sondaggio, il 77% dei lavoratori dichiara che l’AI ha aumentato il carico di lavoro, e quasi il 40% di questo tempo viene speso per correggere gli errori delle stesse intelligenze artificiali. L’AI lavoro non semplifica: complica, e nel frattempo giustifica aspettative sempre più elevate.
Disciplinare i lavoratori con la minaccia dell’AI
Questa strategia rientra nel concetto economico di “disciplinamento del lavoro”, una pratica usata per contenere i diritti dei lavoratori e massimizzare i profitti. Si tratta di un uso deliberato della paura per tenere sotto controllo il personale: blocco della crescita salariale, indebolimento dei sindacati e minaccia costante di disoccupazione. “È un avvertimento che previene traumi futuri diffusi”, spiega Jeffrey Sonnenfeld, professore alla Yale School of Management.
Lavorare di più per meno: il futuro distopico del lavoro
Il mercato del lavoro è già stato colpito duramente dalla diffusione di strumenti AI, come i chatbot che invadono gli annunci. Trovare un nuovo impiego è più difficile, e i dipendenti vengono messi di fronte a un bivio: accettare più lavoro per meno salario o perdere il posto. In questo contesto, l’AI lavoro non è una rivoluzione tecnologica, ma un pretesto per mantenere i lavoratori sotto pressione, riducendo la possibilità di richiedere condizioni migliori o di organizzarsi sindacalmente. Il risultato? Sempre più profitti per chi è già al vertice.